Il XXI secolo è per il design portatore di contraddizioni.
La prima fra tutte vede il designer che nell’era della tecnologia ad oltranza opera sempre più come un artigiano, o meglio, usando un sostantivo attuale, come un maker.
Il designer 4.0 è un maker che sviluppa e gestisce il percorso creativo in tutte le sue fasi.
In passato, ad essere ingaggiato dalle grandi aziende, soprattutto in Italia, era l’architetto che ha contribuito a creare una generazione di prodotti diventati icone in tutto il mondo: la famosa “Lettera 32” della Olivetti, i televisori e radio della Brionvega, i complementi d’arredo e gli oggetti utili di Castiglioni, quelli metafisici di Sotsass, e molto altro ancora… .
Questa commistione tra progettazione architettonica e progettazione del prodotto ha contribuito a creare una interdisciplinarità creativa che ha reso il design italiano famoso in tutto il mondo.
Visionari come Joe Colombo, amanti della raffinatezza come Mollino, esaltatori della materia come Gaetano Pesce, narratori metafisici come Sotsass, poeti come Munari sono i precursori di attuali designer come Jacopo Foggiani, Simone Fanciullacci, Gaetano di Gregorio, poeti e sperimentatori che si raccontano attraverso progetti a produzione limitata, spesso realizzati in collaborazione con artigiani.
Questi designer sono artdesigner, fautori di questa commistione tra artigianato e design, che è la cellula madre dell’artdesign italiano contemporaneo.
L’artdesign italiano è il risultato di un circuito virtuoso che richiede prodotti in grado di differenziarsi per unicità estetica, qualitativa e di realizzazione.
Forse è questa la strada che consente a realtà manifatturiere in via di estinzione di trovare il loro posto sul mercato globale?
I makers di oggi e di domani sono i capitani di ventura che con la loro creatività conducono le piccole realtà manifatturiere italiane verso l’internazionalità.
Ma le competenze progettuali non bastano, ci vogliono anche politiche del lavoro snelle che facilitino l’accesso al credito, stimolando e potenziando la creatività, le tradizioni e culture territoriali.
Questa predominante componente creativa del Made in Italy ha bisogno delle tradizioni, delle culture manifatturiere e artigianali locali per crescere. Che ne sarà degli artdesigner, dei maker di oggi se non avranno la possibilità di fare e sostenersi sul mercato nazionale e internazionale?
La questione è dirimente se vogliamo mantenere viva la micro-imprenditoria italiana, avanguardia di quella del resto dell’Europa.
Ma soprattutto se vogliamo impedire che pochi, grossi operatori di mercato gestiscano il mercato nazionale e internazionale, soffocando la creatività!
UK
For design, the 21st century is the bearer of contradictions. First and foremost, in the age of technology designers operate more and more like artdesigners.
The designer 4.0 is a maker who develops and manages the creative process in all its phases.
In the past century, in Italy architects undertook collaborations with industry, contributing to the creation of a generation of products, design icons like Olivetti’s famous “Lettera 32”, Brionvega’s televisions and radios, Castiglioni’s furnishings and useful objects, Sotsass’s metaphysical structures and objects…
This structural combination of architecture and design generated an interdisciplinary approach that has contributed to create the mythe of Italian design.
The challenge of architect and designer has always been overcoming the limits of materials.
Visionaries such as Joe Colombo, lovers of beauty such as Mollino, exalters of matter such as Gaetano Pesce, metaphysical narrators such as Sotsass, poets like Munari realized their dreams through the cooperation with expert manufacturers and craftmen.
Thanks to the cooperation with those manufactures today we have artdesigners like Jacopo Foggini, Simone Fanciullacci, Gaetano di Gregorio.
What is at an international level the potential of this new Made in Italy popolated by artdesigners?
We shouldn’t ignore that in Italy manufacturing traditions and cultures are territorially fragmented and they are at risk of extinction due to cultural negligence and total absence of structured and strategic work politics.
When will politics plan affordable work strategies humus for these new creators?
The question is crucial if we want to keep alive the manufacturing traditions and cultures avoiding that a bunch of strategic and powerful realities monopolize the international and national market destroying creativity!